SINOSSI: Ottone è un ragazzo tendenzialmente paffuto, con un
accenno di stempiatura ad incorniciargli la fronte. Ha le gote pienotte ed i capelli assaltati dalla
gelatina. La sua altezza è poco più che media, il suo viso è medio, il suo
abbigliamento è originale: dorme con un appariscente camicia da notte sul divano della sua stanza (il letto non lo
sa rifare e l'inflessibile madre non gli concede il disordine). Nella stanza,
giocattoli sparsi a ricordare la sua non lontanissima infanzia, intonsi come
quelli di chi mai li ha potuti consumare. L'età approssimativa dello studente,
evidentemente ripetente, è di 20 anni.
La sveglia suona alle 4, per Ottone: la burbera
capofamiglia gli intima di prepararsi, al grido di "Debosciato!". Il malcapitato si alza sbuffando e non
osa replicare all'arcigna padrona. Consumata una colazione contenente i tre
pasti della giornata, Ottone va fuori casa: sta ripassando la lezione e ripete
una meravigliosa lirica di Campana, "Batte botte". Nel recitarla,
improvvisamente si materializza alle sue spalle una leggiadra fanciulla, che
ripete ad alta voce con Ottone i versi della lirica. A lei si affianca successivamente
un energumeno: tutti e tre recitano ad alta voce Campana, senza che la cosa
preoccupi minimamente il fanciullo. Ma proprio mentre la lirica volge al
termine, lo studente si avvede del fatto che l'autobus (una splendida 2 cv
dell'83...) sta per partire dalla sua fermata. Pur precipitandosi, non riesce a
giungere in tempo sul luogo. Ottone tenta quindi di raggiungere in autostop la
scuola. Si ferma a raccoglierlo un vecchio motocarro, guidato da un bislacco
coltivatore che trasporta, nella zona aperta, scatole contenenti galline.
La guida del contadino, eccessivamente esuberante, causa
il ribaltamento dell'Apecar. Ottone ed il guidatore ne escono miracolosamente
indenni, fra piume di gallina e pennuti svolazzanti. Ottone abbandona il mezzo
ed il suo guidatore proferendo un sentenzioso: "Al diavolo te ed il tuo
catorcio!".
Tornato a vagare in area campagnola, il nostro giunge ai
piedi di una gola profonda e l'attraversa, speranzoso di poter sempre
raggiungere l'edificio scolastico. Ma nel mentre cammina, dall'alto della gola
tre individui dall'aspetto bizzarramente minaccioso si ergono, dalle pendici
della depressione. Indossano giacche militari, ma hanno i pantaloncini corti.
Si accompagnano a fucili vistosamente simili a quelli utilizzati dai bimbi nei
loro giochi. Da loro catturato, Ottone attraversa una zona impervia e
selvaggia, sino a giungere alla sede dei "Discenti Dissenzienti",
studenti alternativi e sovversivi. Qui, quello che sembra il loro capo si
rivolge ad Ottone (in realtà lui muove solo le labbra, poiché a parlare è il
suo alter-ego che, con vestiti militari, si trova alle sue spalle),
proponendogli di unirsi a loro. Ottone esita. Il capo, irritato da cotanta
viltà, lo fa ammanettare ad un ramo per dargli modo di pensare. Rimasto solo, Ottone
riesce a liberarsi dalle manette ed a fuggire. Raggiunge, oramai privo di punti
di riferimento, una masseria in rovina in aperta campagna dove un individuo,
che ricorda in maniera impressionante gli omini dei film di fantascienza degli anni
“50, vestito di soli asciugamani ed armato di arco e frecce, lo cattura
e lo obbliga ad entrare in un'antica pajara. Il tetto dell'edificio ha, nella
sua pietra centrale, una croce stilizzata. Mentre Ottone, visibilmente
impaurito, si guarda attorno, scorge nel buio della zona una mummia ed urlando
chiede di chi si trattasse. L’ominide gli
risponde trattarsi della madre, morta da
vent'anni; dopodiché lo studente viene sottoposto ad un grottesco
interrogatorio.
All'improvviso, Ottone, per
mezzo di un “misterioso” arnese, brandito dall'occupante della pajara, proferisce
parole in una lingua misteriosa (in
realtà, recita i primi versi di "Signorina Felicita"
di Gozzano al contrario). Quest'ultimo, poi, esce dalla costruzione, a
vedere l'esito del test a cui ha appena sottoposto il suo “prigioniero” tramite
l'arcano oggetto.
Rimasto senza carceriere, Ottone fugge nella campagna.
Esausto e sempre più perso, lo studente giunge in un'area popolata da macchia
mediterranea: qui il nostro si
addormenta profondamente. Egli nel sogno è Ottone, imperatore degli Sciti,
acclamato da una folla festante che ripete il suo nome mentre lui, munito di
corona, monta a cavallo. All'improvviso, sentendo una presenza su di sé, Ottone
si sveglia e vede il volto del villico conduttore del motocarro che gli urla
per qual motivo gli sfuggisse. Terrorizzato, il nostro lascia correndo la
radura e fugge. Riesce a far ritorno su di una strada asfaltata ma,
completamente privo di punti di orientamento, non ha idea di dove si trovi.
Giunge nei pressi di una abitazione recante la scritta "Scuola Emozionale
Lacryma Christi", dove un solerte guardiano lo induce ad entrare e lo
porta in presidenza. Qui il preside, un tipo molto sui generis, parla con lui
(seduto di fronte) pretendendo che la conversazione avvenga attraverso i
rispettivi cellulari. Ottone scopre così che la scuola è stata aperta proprio
quel giorno ed è ispirata agli insegnamenti del celebre Ermete Zucconi, famoso
neuro-vegeto-indios-psichiatra.
Per indurlo a decidersi ad iscriversi, viene quindi
condotto in una classe. Qui gli alunni accolgono Ottone (in sgargiante gonna e
calze a rete) sedendosi e recitando il mantra “Om mani padne Hum”! Il
fanciullo, sbigottito (l'atmosfera ricorda i riti di demoniaca memoria)
sgattaiola dalla scuola e fugge, per ritrovarsi sulla sponda selvaggia del
mare. Qui, esausto, si getta sulla sabbia e pare stare per addormentarsi,
quando dalle acque una piacente fanciulla esce, vestita solo di una tunica
bianca. Reca fra le mani un cartello che consegna ad Ottone, con su scritto
"La ricerca non avrà fine - il ritorno è già cominciato". Ottone
chiede il senso di tutto questo ma la fanciulla, dopo avergli risposto essere
“solo quello che c'è scritto!", si rituffa fra le acque e svanisce.
Completamente disorientato ed oramai impossibilitato ad arrivare a scuola,
Ottone continua a peregrinare. Incuriosito dal rombo di motore proveniente dal
primo piano di un diroccato e,
all'apparenza, disabitato casolare, il nostro si avventura all’interno della
stesso. Qui, al centro di un tenebroso salone di rappresentanza, viene invitato a salire, da un'automobilista
carina ma barbuta, su di un’auto ivi parcheggiata. Lo strano viaggio è parrebbe è solo
immaginario, poiché l’auto non si muove d’un metro. La fanciulla, nel
rivolgersi a lui, lo apostrofa per nome. Ottone gliene chiede conto, ma lei
risponde dicendo tutt'altro. Qui la conversazione raggiunge livelli di assoluta
incomunicabilità, ma permette allo sfinito fanciullo di giungere nei pressi di
casa (ovviamente, lo spostamento è solo immaginario, come forse l’intera via
crucis del protagonista…). Barcollando, egli si avvia, ma giuntovi, trova quel Cerbero della madre che,
davanti al cancello, brandisce ritmicamente ed in modo palesemente minaccioso
una verga. Mentre tenta di articolare una risposta all’interrogatorio materno,
compaiono alle spalle della signora tutti i personaggi che han tormentato lo
studente nel corso della giornata. La madre nota il suo terrore e gliene chiede
conto. Alla domanda del figlio se ella vedesse i personaggi che erano apparsi
dal nulla e, soprattutto, alla risposta negativa della madre, l’ormai
terrorizzato e afono ragazzo fugge a gambe levate nella notte!
Vi ricordiamo che si vota solo e soltanto sulla pagina Facebook ufficiale, leggete come fare qui: http://labofumetto.blogspot.it/2015/09/comixfactor-dal-7-al-28-settembre-si.html
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